Un’identità rubata per una vita vera
Margaret Ann Bulkley è stata una figura straordinaria dell’Ottocento: nata in Irlanda, è passata alla storia per aver esercitato la professione medica sotto falsa identità. Fu costretta, infatti, a fingersi uomo per seguire la sua vocazione.
La sua è una storia di un’emancipazione mancata ma anche di estremo coraggio. A inizio Ottocento era infatti impensabile per una donna, in Europa, dedicarsi alla medicina e lavorare in tale campo. Bisognerà aspettare qualche decennio ancora, quando Elizabeth Blackwell, inglese trapiantata in America, diventerà a tutti gli effetti il primo medico donna.
Margaret, però, non volle aspettare. Decise di sfidare le regole del suo tempo che impedivano alle donne di accedere agli studi medici: Bulkley assunse l’identità maschile di James Barry e si iscrisse all’Università di Edimburgo, dichiarando un’età inferiore a quella reale. Nonostante qualche sospetto, qui si laureò in medicina nel 1812, a soli ventidue anni.
Una carriera brillante e un travestimento a rischio
La sua ambizione non si fermò però certo alla teoria. Il suo obiettivo era chiaro: fare chirurgia, essere in prima linea, curare e aiutare davvero. Si arruolò così nell’esercito britannico e cominciò una carriera brillante che l’avrebbe poi portata in tutto il mondo: India, Sudafrica, Mauritius, Malta, Giamaica, Canada. Sempre nascondendo la propria identità, sempre vestita da uomo.
Il travestimento in realtà rischiò di saltare nel 1828, mentre Margaret, allora in servizio a Sant’Elena, fuggì per raggiungere, a Città del Capo, il governatore Lord Charles Somerset, con cui da tempo aveva una relazione. Furono scoperti ed entrambi vennero accusati di omosessualità, reato all’epoca gravissimo. Nonostante fossero stati poi scagionati, la vicenda fu usata dai detrattori per far trasferire altrove il dottor Barry. Negli anni successivi, prestò servizio anche durante la guerra di Crimea e nei Caraibi, dove si occupò di riformare il sistema sanitario. Nel 1857 fu nominato ispettore generale degli ospedali militari in Canada, ruolo che gli permise di battersi per il miglioramento delle condizioni dei pazienti, con una particolare attenzione a quelle dei carcerati.
Tra cura e ribellione: il medico che sfidò il sistema
Ovunque si recasse, oltre a curare le persone, infatti, si impegnava a migliorare le loro condizioni igienico-sanitarie, senza distinzioni fra ricchi e poveri, imponendo migliori sistemi idraulici, promuovendo un’alimentazione più sana e varia per le truppe e denunciando le condizioni dei pazienti, sia bianchi sia neri, nelle colonie britanniche. Fu una voce critica contro l’amministrazione coloniale e le ingiustizie del suo tempo. Nella sua tesi di laurea attaccò persino la moda femminile dell’epoca, che imponeva alle donne stretti corsetti, responsabili, secondo la Bulkley, delle ernie femorali. Fra i primi chirurghi a eseguire con successo un parto cesareo salvando sia la madre che il bambino, un traguardo eccezionale per l’epoca, James, o meglio Margaret, si distinse anche per il carattere irascibile e ambiguo. Vegetariana, arrogante, litigiosa, sempre pronta a battersi a duello, di certo non passò inosservata. Anche nel look si fece notare: indossava stivali con il tacco e spesso sotto la giacca portava camicie ricamate. Non faceva un passo senza il suo domestico e senza i suoi cani e venne punita in continuazione per i frequenti episodi di insubordinazione.
Il segreto rivelato: una vita da uomo, un’identità da pioniera
La sua carriera sotto falso nome fu straordinaria, ma morì ancora da uomo. La trovò, infatti, la sua domestica che scoprì solo in quel momento la verità e rivelò ai conoscenti: “era una femmina perfetta”. Non solo: il suo corpo mostrava segni di una gravidanza passata, suggerendo che in gioventù avesse avuto un figlio. Il governo britannico, travolto dall’imbarazzo e dallo scandalo, decise di insabbiare la verità, sigillando i documenti per cento anni. Solo negli anni Cinquanta del Novecento la sua storia verrà alla luce, facendo di lei un simbolo dell’emancipazione femminile per aver sfidato le convenzioni e le regole del suo tempo.
Se, quindi, pensando alla storia, alle scoperte più grandi ci vengono in mente solo uomini, bisogna considerare che alle donne per secoli è stato vietato di contribuire allo sviluppo scientifico. Quante donne, quanti talenti come lei sono stati relegati, loro malgrado, solo alla cura della casa.
Pertanto, la sua eredità rimane quella di un medico straordinario e di una pioniera, sebbene il successo sia stato ottenuto nell’ombra di qualcuno che non era.
Di Maria Chiara Spaccarotella
5^ D Liceo Scientifico
