Anche quest’anno il 29 aprile si celebra la Giornata Internazionale della Danza, istituita nel 1982 dal Comitato di Danza dell’International Theatre UNESCO per ricordare il suo valore e la sua importanza come forma d’arte e come elemento fondamentale per la conoscenza e per la crescita degli uomini, delle donne e dei popoli. Quest’anno il Messaggio alla comunità artistica internazionale è stato affidato a Mikhail Baryshnikov, ballerino e coreografo, personalità di spicco della danza internazionale, il quale riflette sull’importanza della danza come espressione artistica in un mondo pervaso da ingiustizie e sofferenze, quale quello contemporaneo.
Si dice spesso che la danza può esprimere l’indicibile. Gioia, dolore e disperazione diventano visibili; espressioni incarnate della nostra comune fragilità. In questo modo, la danza può risvegliare l’empatia, ispirare gentilezza e suscitare il desiderio di curare anziché di fare del male.
Il messaggio, tradotto in molte lingue a cura dei numerosi Centri nazionali dell’International Theatre Institute, viene letto nei teatri, nelle scuole, nelle biblioteche, nei luoghi di cultura e di aggregazione in tutto il mondo.
Ma in questa giornata non si celebra solo la danza come arte, ma tutti i danzatori e le danzatrici, che come Kathryn Morgan trasformano il dolore in arte, e ispirano il mondo non solo con i movimenti, ma con le loro storie. Kathryn Morgan è una ballerina e influencer che ha condiviso apertamente la sua battaglia con i disturbi alimentari e le difficoltà di salute che ha affrontato durante la sua carriera. Dopo essere stata costretta a interrompere la sua carriera a causa di problemi di salute, ha parlato delle difficoltà psicologiche e fisiche legate alla pressione del corpo ideale, che spesso porta a pratiche alimentari dannose e stress fisico. Ora, Morgan si è trasformata in un’attivista per la body positivity, promuovendo una danza sana e equilibrata, che celebra la diversità corporea, rappresentando un esempio di come le pressioni psicologiche e fisiche nel mondo della danza possano portare a disturbi alimentari e disfunzioni ormonali, ma anche di come sia possibile trovare un equilibrio sano tra il corpo e la performance. Vi sono tante altre giovani donne che possono trovarsi nella stessa situazione di Kathryn, poichè il mondo della danza, con la sua dura disciplina a volte può spingere le giovani ballerine a perseguire elevati standard personali e il perfezionismo corporeo che possono contribuire a comportamenti alimentari disfunzionali. L’insoddisfazione corporea e l’interiorizzazione dell’ideale di magrezza sembrano essere i fattori principali che aumentano ulteriormente il rischio di sviluppo dei disturbi alimentari. Dietro l’eleganza di un arabesque o la leggerezza di un jeté, si nascondono sacrifici fisici, condizionamenti estetici e una lunga storia di stereotipi che influenzano il modo in cui il corpo femminile è percepito e richiesto sul palcoscenico.

Il corpo ideale: un canone difficile da raggiungere
Per decenni, la danza classica ha imposto un’immagine quasi inaccessibile del “corpo perfetto”: magro, longilineo, con linee armoniose e proporzioni precise. Le scuole di danza e le compagnie hanno spesso sostenuto questo modello, promuovendo una visione rigida che lascia poco spazio alla diversità. Per molte giovani ballerine, questo si traduce in pressioni costanti sul peso, l’aspetto fisico e perfino sulla propria femminilità. Ciò che spesso viene ignorato è la forza incredibile richiesta a una ballerina. Dietro la leggerezza dei movimenti si celano ore di allenamento estenuante, muscoli scolpiti, resistenza mentale e una capacità di sopportare dolore e infortuni. Infatti la danza, soprattutto quella a livello professionale, richiede al corpo un impegno costante, quasi estremo, tutto questo plasma il fisico, ma lascia anche segni profondi. All’inizio, il corpo risponde potenziandosi, la ballerina sviluppa forza muscolare, resistenza e una straordinaria capacità di controllo e precisione. Migliora la postura, aumenta la flessibilità e la coordinazione. In apparenza, è un corpo “perfetto”, scolpito dal movimento. Ma sotto la superficie, iniziano a manifestarsi anche le prime difficoltà. I gesti ripetuti mettono a dura prova le articolazioni: caviglie, ginocchia, anche la schiena sono le prime a risentirne. Non sono rari infortuni come tendiniti, stiramenti muscolari e fratture da stress. Il dolore diventa parte della quotidianità. A tutto questo si aggiunge una pressione estetica continua poiché il corpo della ballerina non deve solo funzionare: deve anche apparire in un certo modo. Questo può portare a disordini alimentari, squilibri ormonali, e in alcuni casi anche all’amenorrea, cioè la scomparsa del ciclo mestruale. Il corpo reagisce agli eccessi di sforzo e alle carenze nutrizionali chiudendo alcune sue funzioni vitali. Nel tempo, le conseguenze si accumulano. Alcune ballerine sviluppano dolori cronici che le accompagnano per tutta la vita. Altre faticano a concepire o devono affrontare problemi legati alla salute ossea, come l’osteoporosi precoce. E non meno importanti sono le cicatrici invisibili: ansia, stress da prestazione, insicurezza costante sul proprio aspetto fisico. Eppure, nonostante tutto, molte danzatrici trovano nel loro corpo una forza straordinaria, capace di superare limiti, di comunicare senza parole, di trasformare fatica e dolore in arte. Tuttavia, questa forza viene raramente celebrata apertamente, perché stona con l’immagine della ballerina eterea, silenziosa, “perfetta”. Anche i ruoli che le ballerine interpretano contribuiscono a una certa narrazione: la donna fragile, innamorata, tragica come le protagoniste delle grandi opere classiche, da Giselle a Odette che spesso incarnano figure di sofferenza o sacrificio.
Un cambiamento in corso
Negli ultimi anni, però, sempre più coreografi e danzatrici stanno cercando di scardinare queste rappresentazioni, proponendo figure femminili complesse, forti e contemporanee. La chiave, oggi, sta nel trovare un equilibrio tra disciplina e cura, tra estetica e salute. Perché un corpo che danza è molto più di una forma perfetta: è una storia che si muove.
Di Giorgia Tundis