Nel cuore della Calabria, situato tra le colline della provincia di Cosenza, si trova Guardia Piemontese, un piccolo borgo che custodisce un patrimonio culturale unico in Italia. Questo straordinario paese è il protagonista del Festival delle Riforme Culturali (CFR) 2025, un evento che invita a riflettere sulle sfide poste dall’Intelligenza Artificiale e sul futuro della nostra società.
Il CFR 2025 affronta in profondità l’impatto ambientale, sociale, culturale ed economico delle nuove tecnologie, criticando apertamente il paradigma dominante, fondato su logiche tecnocratiche e mercantili. In sua vece, il festival propone un’alternativa fondata sulla saggezza, sulla diversità epistemologica e sulla robustezza: principi che possono aiutarci ad affrontare le crescenti instabilità del mondo contemporaneo.

In questo contesto, Guardia diventa più di una semplice sede ospitante: è un simbolo vivente di ciò che il festival vuole difendere e promuovere. Si conserva gelosamente l’unica minoranza linguistica occitana in Calabria e nel sud Italia ed è una minoranza tra le minoranze.
il Guardiolo, che è l’occitano influenzato dalle parole calabresi, è la prima lingua del borgo. Tutti, soprattutto gli anziani, parlano quotidianamente l’Occitano, che viene anche insegnato nelle scuole e fa media in pagella e rappresenta una straordinaria forma di resistenza. È una lingua che non si è piegata all’omologazione, e che continua a vivere grazie alla determinazione degli abitanti, veri custodi di una tradizione antica e resiliente.
La cultura occitana si riflette anche nell’artigianato locale: a Guardia si producono ancora oggi gli abiti tradizionali occitani e l’abito da sposa tradizionale Guardiolo, che è un abito identitario unico nel suo genere, che alle nostre nonne veniva cucito su misura. Infatti ognuna di loro aveva un proprio abito personale che veniva messo la prima volta il giorno del loro matrimonio e veniva riutilizzato in occasioni speciali e infine alla loro morte venivano sepolte con indosso l’abito che le aveva accompagnate durante la loro vita. A renderlo unico è il penaglio, un copricapo che al giorno d’oggi sanno mettere in pochi.
Tutto ciò è frutto di un sapere tramandato di generazione in generazione.

La storia del paese è segnata soprattutto dall’arrivo dei Valdesi di Calabria intorno al 1300, dopo che furono costretti a lasciare le loro terre per via delle persecuzioni religiose e dalle valli del Piemonte arrivarono nel Sud Italia. I coloni Valdesi, che erano dediti al lavoro ed erano un popolo pacifico, rimasero sconosciuti o quasi. Il governo spagnolo di Napoli li conosceva come “ultramontani”; altri ancora pensavano provenissero dall’Albania. Rimanendo leali ai baroni, i Valdesi poterono tramandare le loro credenze religiose fino a quando la Riforma protestante non arrivò anche in Italia. A quel punto le comunità valdesi in Calabria si risvegliarono e ricevettero l’aiuto di due ministri provenienti dal Piemonte, ma uno di loro, Giacomo Bonello, fu vittima dell’Inquisizione e morì sul rogo nel 1560. I valdesi calabresi, infiammati dalle idee di Calvino e guidati da Gian Luigi Pascale, subirono una dura persecuzione da parte dell’Inquisizione e delle autorità civili, che culminò nell’arresto e nell’esecuzione di Pascale e nella caccia all’uomo contro i valdesi fuggiti, costretti a scegliere tra l’abiura e la morte. Nel 1561 i valdesi in Calabria subirono una serie di stragi brutali, tra cui quella di San Sisto, Montalto e Guardia Piemontese, dove migliaia di persone vennero uccise in modo atroce, lasciando un’impronta indelebile nella storia. I Calabro-Valdesi furono costretti a convertirsi al cattolicesimo nel 1561, ma mantennero la loro lingua franco-provenzale e la loro identità, lasciando un’eredità storica e culturale ancora attuale nella regione. La giornata in memoria delle vittime innocenti, morte nella strage di Guardia il 5 giugno 1561, venne istituita solamente nel 2008. Il centro culturale Gian Luigi Pascale ne porta avanti il ricordo, così come il museo Valdese. Questo passato doloroso è testimoniato da luoghi simbolici come la suggestiva “Porta del Sangue”, che rappresenta non solo un momento tragico della storia locale, ma anche la capacità di memoria, resilienza e rinascita della comunità.

Guardia, dunque, non è solo un borgo: è un laboratorio vivente di diversità, memoria e innovazione culturale. È dunque il luogo ideale per ospitare un festival che mette in discussione il presente per immaginare un futuro più umano, saggio e radicato nella pluralità delle conoscenze. Il CFR 2025 non guarda solo all’Intelligenza Artificiale, ma invita a riscoprire forme di intelligenza collettiva e radicata, come quelle che da secoli resistono nei vicoli di questo straordinario paese calabrese.

L’appuntamento per questo straordinario evento è il prossimo tre giugno.
 

di Mariapia Abbate e Domenico Tundis

Classe I A Liceo Artistico