La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne richiama istituzioni e cittadini a un impegno concreto.
Il 25 novembre, si celebra ogni anno la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dalle Nazioni Unite nel 1999. Non si tratta di una semplice ricorrenza, ma di un momento fondamentale per riflettere su un fenomeno che continua a segnare profondamente la società. La violenza di genere, infatti, non è confinata a Paesi lontani o a situazioni estreme: è un problema presente e diffuso, che coinvolge donne di tutte le età, culture e condizioni sociali. In occasione di questa giornata, città e istituzioni organizzano eventi, conferenze, cortei e campagne informative. Le piazze italiane si riempiono di scarpe rosse, simbolo ormai riconosciuto delle vittime che non hanno più voce. Molti edifici pubblici vengono illuminati di rosso o di arancione, colori scelti per rappresentare la determinazione nella lotta alla violenza e la speranza di un futuro senza discriminazioni. Anche musei, biblioteche e teatri dedicano iniziative speciali al tema, creando momenti di confronto e sensibilizzazione aperti a tutta la cittadinanza.
La scelta del 25 novembre ha una storia profonda. In questa data, nel 1960, furono uccise le sorelle Mirabal, tre attiviste della Repubblica Dominicana che si erano opposte al regime di Rafael Trujillo. Il loro assassinio scosse l’opinione pubblica internazionale e, molti anni dopo, divenne il simbolo della resistenza femminile contro ogni forma di oppressione. Ricordare le sorelle Mirabal significa riconoscere che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani e una ferita aperta nella storia mondiale.
Oggi la violenza assume forme diverse e molto spesso silenziose. Non riguarda solo le aggressioni fisiche, ma anche abusi psicologici, economici, verbali e digitali. Sempre più frequente è il controllo attraverso i social, la gelosia trasformata in sorveglianza costante, la manipolazione emotiva che porta molte donne a sentirsi colpevoli o incapaci di reagire. La violenza, infatti, spesso inizia molto prima dei primi segni visibili: nasce nei gesti quotidiani, nella mancanza di rispetto, nelle parole usate come arma.
Il sostegno delle istituzioni è indispensabile. Negli ultimi anni sono state approvate leggi più severe e sono stati potenziati i centri antiviolenza, luoghi dove le donne possono trovare un ascolto competente, aiuto psicologico, assistenza legale e, se necessario, uno spazio protetto in cui rifugiarsi. Tuttavia, molte strutture denunciano ancora la mancanza di fondi adeguati e di personale sufficiente per rispondere alle numerose richieste di aiuto. Investire in questi servizi significa salvare vite, offrire alternative concrete e restituire dignità alle vittime.
La società, però, ha un ruolo altrettanto importante. La violenza non nasce dal nulla: cresce in un terreno fatto di pregiudizi, stereotipi e discriminazioni che, nel tempo, finiscono per sembrare normali. Fermarla significa cambiare mentalità, educare al rispetto reciproco, intervenire di fronte a comportamenti sbagliati, ascoltare senza giudicare chi cerca aiuto. Ogni gesto di solidarietà, ogni parola di sostegno, ogni volta che si sceglie di non restare indifferenti contribuisce a costruire un cambiamento reale.
Il 25 novembre non deve essere solo una giornata di memoria, ma un’occasione per rinnovare l’impegno collettivo. Ricordare le vittime, sostenere chi vive situazioni di rischio, promuovere una cultura del rispetto e dell’uguaglianza: tutto questo non può limitarsi a ventiquattr’ore. La lotta alla violenza sulle donne richiede costanza, coraggio e responsabilità.
Celebrare questa giornata significa riconoscere che la violenza di genere non è un destino inevitabile, ma un fenomeno che può e deve essere contrastato. È un invito a costruire una società in cui ogni donna possa vivere libera dalla paura, rispettata nella sua dignità e protetta nei suoi diritti.
Di Michele Aron
Nico D’Acunto
Giulia De Seta
Nino Mario Pasqua
Classe II D Liceo Scientifico